Premessa
È noto che nella maggior parte dei casi le imprese tendono a far coincidere il piano di ammortamento civilistico con quello fiscale. Ciò al fine di evitare la creazione di disallineamenti tra valori civilistici e fiscali che andrebbero, poi, gestiti con variazioni in aumento o in diminuzione in sede di dichiarazione dei redditi.
Di seguito l’analisi della tematica.
Ammortamento civilistico
L’ammortamento è un procedimento tecnico contabile che consente di ripartire il costo di un’immobilizzazione materiale o immateriale per il periodo stimato della sua vita utile. Trattasi, pertanto, di un procedimento sistematico e razionale del tutto indipendente dai risultati economici realizzati nell’esercizio.
Detto ciò, rileviamo che a norma dell’art. 2426, comma 1, n. 2) del c.c.[1] l’ammortamento:
- prende a riferimento il costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, ovvero beni a fecondità ripetuta la cui utilità è limitata nel tempo. Sul punto evidenziamo, però, che sono esclusi dal processo di ammortamento i terreni[2] e le opere d’arte;
- deve essere effettuato in maniera sistematica. Ciò sta a significare che le immobilizzazioni materiali e immateriali devono essere ammortizzate sistematicamente in ciascun esercizio.
A tal riguardo, il principio contabile OIC n. 16, § 7, afferma, infatti, che l’ammortamento deve essere calcolato anche su quei cespiti che non sono stati utilizzati nell’esercizio.
A questa regola di valenza generale esiste, comunque, una deroga. Come stabilito, infatti, dall’art. 60, commi da 7-bis a 7-septies del DL n. 104/2020[3] è consentito al verificarsi di determinate condizioni di non imputare o imputare parzialmente le quote del piano di ammortamento originariamente previste.
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